Vita da consulente
Esci dall'ITIS e inizi a studiare informatica all'università, dove tutti c'hanno l'ansia sociale e se leghi con 2-3 persone è già tanto, gli amici delle superiori te li sei già dimenticati. Poi arriva un recruiter che fa un seminario in aula e dopo 6 mesi sei a fare lo stage nella loro azienda: ti pagano poco ma i ritmi sono ok, e intanto vedi gente che va e che viene perché sta “dal cliente”. Ti laurei e ti fanno un contratto a tempo indeterminato nella stessa azienda. Andrai “dal cliente” e ti pagheranno un po' di più. Il cliente è una grossa assicurazione, dove lavorano centinaia di persone come te, provenienti da altre aziende come la tua o da aziende più grosse. Qualcuno è lì da freelancer ma sono pochi. Gli amici dell'università sono stati assunti anche loro da un'altra parte e li senti sempre meno. Al lunedì sorridono tutti, al venerdì in pochi. Dopo poche settimane capisci che il clima di cooperazione per portare a casa i progetti in realtà è una pace armata: tutti vogliono la fetta di torta più grossa possibile ma hanno il terrore di venir fatti fuori da chi gli sta di fianco. Eppure mangiano tutti dalla stessa mano e devono far finta di cooperare. Dietro la facciata, è una competizione: se la tua azienda fa meglio, il tuo capo avrà un bonus e magari ti darà qualcosa. Se poi si riesce a fare fuori un'azienda concorrente e accaparrarsi un pezzo più grosso della torta, questo potrebbe voler dire un aumento. Perciò si deve fare bella figura: tu col capo e la tua azienda con gli interni, coi manager, con chi giudica e decide il budget. E via ogni sera fino alle 8, le 9, le 10, a battere sulla tastiera, a programmare, a fare PowerPoint. Così per settimane, mesi, anni. Il software che scrivi, i sistemi che gestisci, le soluzioni che progetti sono solo pedine di un gioco che avviene su un piano diverso: la qualità non conta, conta convincere il cliente, salire di un gradino e ricominciare. Non ha importanza se i progetti vanno in porto o meno. Non importa se il tuo software farà qualcosa di utile. L'importante è passare avanti. Ormai quello è il tuo mondo, quella è la tua gara. Ci hai investito troppe ore della tua vita per mollare. E c'è la promessa che la prossima vittoria porterà i soldi grossi. Poi che di questi soldi non ti arrivi che una frazione infima non ti interessa, l'importante è che la tua tribù vinca. Sviluppi cameratismo con le altre persone del tuo team, perché è come far la guerra. I traumi sono diversi, ma è chiaro che lì dentro nessuno sta bene. Lo dicono le occhiaie, lo dicono le reazioni nervose, lo dicono i completi sempre di una taglia sbagliata. Si fa finta di niente ma li vedi: nessuno ha un abito su misura, tranne alcuni manager. Nessuno ha un amico che gli dica: “guarda che questa giacca ti sta male, dovresti fartela aggiustare, tanto puoi permettertelo”. Ognuno fa per sé e fintanto che non rompi l'illusione, che non ti distanzi troppo dalla norma, nessuno ti dirà nulla, anche se è evidente che un completo nessuno ti ha mai insegnato a sceglierlo. Nessuno vuole prendersi il rischio di un conflitto, di un fraintendimento. Si è sotto pressione e ci sono cose più importanti a cui pensare. Il tempo si ripete uguale a sé stesso, per anni, progetto dopo progetto, fintanto che non inizi a mettere in dubbio il sistema che ti circonda. Tu software in produzione ce ne hai messo veramente poco, eppure continui a ricevere complimenti, continui a sentirti dire che si sta andando alla grande, che farete grandi cose, che il cliente è contento. E se il cliente fosse stupido? Se tutto questo circo fosse un'allucinazione collettiva? Se fossi solo finito in un'enorme macchina inefficiente in cui qualche super-manager butta centinaia di milioni di euro per convincere qualche altro super-manager che lui è il migliore tra i due e quindi merita più importanza nell'azienda? Probabilmente nessuno dei due ne capisce granché di tecnologia, per loro le centinaia di persone intorno a te sono una voce nel budget che ogni tanto produce presentazioni coi fuochi d'artificio, prototipi avveniristici e, raramente, un prodotto che dovrà essere promosso dal dipartimento marketing. Poi nessuno lo userà, magari qualche giornale vi prenderà pure in giro per quanto è complicato da usare. Si darà la colpa alla comunicazione, o si dirà che si è troppo in anticipo sul mercato. E le centinaia di migliaia di ore/uomo spesi su quel progetto spariranno in una nuvola di fumo. Ma ormai stanno già tutti pensando al progetto successivo...