Considerazioni sugli autori e le autrici del noir, e le loro opere

Charlie Chan. L’anomalia cinese

Erano anni difficili per i cinesi in letteratura. Basta pensare al Fu Manciù di Sax Rohmer. Di più: erano anni nei quali i cinesi cattivi, malefici ed infidi si sprecavano sulle pagine gialle dei romanzi polizieschi. Si era arrivati ad un punto tale che prima della seconda guerramondiale, il Detection Club Di Londra inventò lo slogan: “Basta coni cinesi misteriosi!”

Earl Derr Biggers, invece, andò in direzione opposta. La sua grande intuizione fu quella di ribaltare il paradigma: se infatti l’orientale misterioso era fino ad allora stato un cliché di personaggio infido e malvagio, Biggers scompaginò il quadro ed inventò Charlie Chan, un infallibile detective cinese che lavorava per la polizia di Honolulu.

Il successo, la storia è nota, fu immediato e dirompente non solo in letteratura ma anche al cinema.

Ma facciamo un passo indietro. Earl Derr Biggers nacqu a Warren, Ohio, nel 1884. Si laureò ad Harvard nel 1907. Nello stesso anno esordì come redattore umoristico del Boston Traveller, ma il suo sarcasmo e la sua penna graffiante gli crearono parecchi grattacapi nell’orgogliosa e conformistica società di Boston. E lui ne riportò un saggio nel suo primo romanzo con protagonista il poliziotto cinese. Il dialogo si sviluppa tra il giovane John Quincy Winterslip, benestante rampollo di Boston, uno dei protagonisti di Charlie Chan e la casa senza chiavi, intavola con lo steward della nave che da San Francisco lo sta portando ad Honolulu, sul luogo del crimine di cui il Nostro si occuperà. Lo steward ricorda di essere stato studente ad Harvard, Boston, ed è evidentissimo che sta mettendo in gioco le opinioni del non più giovane Biggers, che ricorda gli inizi della professione come cronista. Ecco, cosa dice lo Steward, Bowker, a più riprese, alla fine del quarto capitolo: “Bei tempi, signore. Erano i bei vecchi tempi quando un giornalista che non fosse pieno fino al collo era il disonore di una grande professione. La Gazzette era fatta quasi tutta in un locale che si chiamava Arch Inn. Portavamo i pezzi al direttore: aveva un tavolo fisso, con il piano sempre un po’ bagnato, ma era la sua scrivania. Se avevamo una buona storia poteva anche offrirci un cocktail. […] Bei giorni. I baristi di Boston li conoscevo tutti, abbastanza bene da farmi prestare dei soldi. È mai stato in quel posto nel vicolo dietro il Tremont Theater? Da Tim’s […] Ecco, questo sì che si chiama parlare. Chissà Tim che fine ha fatto. Ehi, e poi c’era quel posto in Boylstone… ma sono tutti finiti, naturalmente. Un vecchio amico che ho incontrato a ‘Frisco mi diceva che spezzavano il cuore le ragnatele dietro gli specchi a Bean Town. Tutto in malora, come la mia professione. I giornali continuano a fondersi, ad associarsi, a combinare le loro specialità migliori e un esercito di bravi ragazzi finisce sulla strada. Bravi ragazzi e sinceri, che piagnucolano sui bei tempi passati e magari finiscono per fare un lavoro come questo.”

Tornando a Biggers, nel 1912 sposò Eleanor Ladd e continuò il suo lavoro come giornalista. Sempre nel 1912 uscì il suo primo poliziesco, Seven Keys to Balpdate, che gli donò una certa notorietà e che approdò anche sulle scene di Broadway. Tuttavia, il successo non lo incoraggiò sulla strada del mystery, se è vero che il successivo romanzo, il primo della serie di Charlie Chan, dovette attendere altri tredici anni per vedere la luce.

Lo stress per il lavoro gli indusse continui problemi di pressione arteriosa, sfociati nell’attacco di cuore che gli risultò letale nel 1933, a soli 48 anni, a Palm Spring, in California, stato nel quale visse l’ultima parte della sua vita.

Per concepire Charlie Chan, Biggers si ispirò ad un poliziotto, Chang Apana, di cui egli lesse su un giornale nel 1919. Chan è un poliziotto della polizia di Honolulu, città delle isole Hawaii nella quale egli si era trasferito ancora bambino, e nella quale è cresciuto. La sua fama però lo accompagna oltre l’arcipelago, tanto che lo vediamo impegnato, ad esempio, San Francisco e nel resto degli Stati Uniti.

Così lo descrisse il suo autore: “Era molto grasso, infatti, eppure camminava con il passo leggero e delicato di una donna. Le sue guance erano paffute come quelle di un bambino, la pelle era color avorio, i capelli neri erano tagliati corti e gli occhi color ambra erano a mandorla”.

Charlie Chan è un personaggio che ebbe una lunga vita, in campo cinematografico, sopravvivendo anche al suo creatore. La peculiarità della caratterizzazione, la simpatia e l’originalità ne hanno fatto un’icona che ha imperversato, specialmente nel piccolo schermo.

Quarantasette furono i film in cui Charlie Chan fu protagonista. Alcuni erano adattamenti dei romanzi di Biggers, mentre altri erano veri e propri soggetti costruiti per il cinema. Charlie Chan è stato interpretato 22 volte da Sidney Toler (1938-1947), 16 volte da Warner Ölund, spesso conosciuto come Oland (1931-1937), 6 volte da Roland Winters (1947-1949) e una volta ciascuno da George Kuwa (1926), da Kamiyama Sojin (1928) e da E. L. Park (1929).

Famosa è la parodia di Charlie Chan interpretata da Peter Sellers nel 1976 in Invito a cena con delitto, mentre Peter Ustinov lo interpretò una sola volta, nel 1981, in Charlie Chan e la maledizione della regina drago.

Vi fu anche una serie di telefilm, tra il 1957 e il 1958, prodotta dalla Vision Production in 39 episodi col titolo Le avventure di Charlie Chan.

Per chi vuole avvicinarsi alla creazione letteraria di Biggers, è da consigliarsi sicuramente il primo: Charlie Chan e la casa senza chiavi. Ma vale la pena leggersel tutti visto che, purtroppo, i libri della serie di Charlie Chan sono soltanto sei.

Piacevolissima una recente edizione del Giallo Mondadori di Charlie Chan e la donna inesistente, numero 1311 dei classici del giallo. Il nostro investigatore cinese è impegnato (e trattenuto, suo malgrado) a San Francisco per indagare sulla morte di un funzionario, in pensione, del dipartimento investigativo criminale di Scotland Yard, avvenuto nel palazzo di un ricco imprenditore alla presenza dello stesso Charlie Chan. Il caso si intreccia con la sparizione di una donna (l’inesistente del titolo) avvenuta in India alla presenza di un esploratore famoso e senza scrupoli, anch’egli presente nel palazzo durante l’omicidio del funzionario. Un altro omicidio, di sedici anni prima, andrà a rendere ancora più intricato l’enigma. Charlie Chan, vorrebbe partire per le sue amate isole, per conoscere il suo undicesimo figlio, appena nato, ma con pazienza orientale si assume l’onere di ricostruire un passato remoto foriero di risposte ai misteri del presente. A partire dalle pantofole di velluto, rinvenute addosso al funzionario ucciso, e che erano le stesse indossate dalla vittima dell’omicidio di sedici anni prima…