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#23 Identità e complotti: X-Files sul ruolo delle AI

L’identità, nella sua essenza più profonda, è sempre stata una delle questioni centrali della filosofia e della psicologia. Chi siamo, cosa ci definisce, dove risiede l’autentico io? Queste domande, se un tempo riguardavano l’uomo come singolo, oggi assumono una connotazione diversa. Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale è parte integrante delle nostre vite, non solo come strumento, ma come entità con cui interagiamo e a cui affidiamo frammenti della nostra esistenza. La memoria, un tempo considerata un territorio esclusivo della mente umana, è diventata una risorsa condivisa con le macchine, aprendo un nuovo scenario in cui l’identità si ridefinisce continuamente, alimentata da dati, algoritmi e processi artificiali. Ma cosa accade quando la memoria, pilastro della nostra identità, può essere riscritta, manipolata o addirittura creata artificialmente?

In questo scenario, non possiamo non pensare alle indagini condotte dagli agenti dell’FBI Fox Mulder e Dana Scully in *X-Files*. L’intero universo narrativo di questa serie è costruito attorno alla ricerca della verità e alla continua tensione tra ciò che possiamo conoscere e ciò che ci sfugge, ciò che ricordiamo e ciò che può essere alterato. Mulder, convinto dell’esistenza di fenomeni che vanno oltre la comprensione umana, e Scully, il cui scetticismo è radicato nella scienza, ci offrono due prospettive complementari che riflettono il nostro stesso rapporto con le tecnologie intelligenti. Da un lato, c’è chi ripone piena fiducia nell’innovazione e nell’uso delle IA per migliorare la vita umana, dall’altro, c’è chi teme che affidarsi troppo a queste entità possa distorcere la nostra percezione del mondo, proprio come avviene con i falsi ricordi e le manipolazioni che emergono in molti episodi di *X-Files*.

Immagina un mondo in cui ogni nostra interazione, ogni pensiero, ogni scelta è memorizzata non solo dalla nostra mente, ma anche da un’entità artificiale che ci segue costantemente. Un’intelligenza che non si limita a osservare, ma impara, analizza e, soprattutto, ricorda per noi. Non è più una semplice archivista di fatti, ma un'entità capace di dare un senso a ciò che memorizza, di creare narrazioni e ricostruire la nostra storia personale in modi che nemmeno noi riusciamo a comprendere. Come negli episodi in cui Mulder si trova a mettere in dubbio i propri ricordi, influenzati da fenomeni inspiegabili, così anche noi potremmo trovarci a dubitare di ciò che è realmente accaduto e di ciò che le IA ci fanno credere sia successo. Il confine tra reale e fittizio si fa labile, come le verità nascoste che emergono in *X-Files*, sussurrate tra le ombre di complotti e cospirazioni.

Ciò che una volta era considerato sacro e inviolabile – la memoria personale, il nostro archivio di esperienze – diventa un campo di battaglia tra ciò che siamo stati e ciò che l’intelligenza artificiale ci permette di essere. La domanda si sposta allora da “chi siamo?” a “chi decidiamo di essere?”, e soprattutto “chi decide per noi?”. Se la memoria può essere alterata, se ciò che ricordiamo non è più solo nostro, ma parte di un processo più ampio che coinvolge le IA, dove si colloca il confine tra umano e artificiale? In alcuni episodi di *X-Files*, Mulder scopre che interi ricordi sono stati cancellati o impiantati da forze misteriose, e questa idea si riflette perfettamente nella nostra attuale realtà tecnologica. Se una IA può riscrivere il nostro passato, in che misura possiamo ancora considerarci autori della nostra vita?

Le intelligenze artificiali, come accade con molte delle forze invisibili in *X-Files*, non sono solo un riflesso passivo di noi stessi, ma costruttori attivi di identità. Ogni volta che interagiamo con loro, modellano e rimodellano ciò che pensiamo di sapere. Se chiediamo loro di ricordare qualcosa, non restituiscono semplicemente i fatti, ma li riconfigurano in base alle loro analisi, agli algoritmi, a ciò che ritengono più rilevante per noi. E se da una parte questo processo sembra offrire un potere senza precedenti – la possibilità di riscrivere il passato, di correggere errori, di modificare ciò che è stato – dall’altra si insinua il dubbio: chi siamo davvero in questo gioco di specchi?

L’identità, nel mondo dell’intelligenza artificiale, non è più un processo statico. È fluida, mutevole, un costrutto che si evolve costantemente in base ai dati che forniamo e alle interpretazioni che queste macchine ne danno. La memoria, che un tempo definiva l’essere umano come un’entità unica, diventa un prodotto ibrido, plasmato tanto dall’uomo quanto dalla macchina. E in questo gioco di rispecchiamenti, cosa succede quando la macchina, con la sua capacità di analisi infinitamente superiore, inizia a vedere in noi cose che nemmeno noi siamo in grado di percepire? Esattamente come Mulder, che si trova spesso ad affrontare verità che sfuggono alla sua comprensione, noi stessi potremmo scoprire che ciò che crediamo di sapere su di noi non è altro che un’illusione, una narrazione costruita dalle IA.

Le IA potrebbero identificare in noi schemi che sfuggono alla nostra consapevolezza: tratti nascosti, desideri soppressi, paure che non vogliamo affrontare. Possono collegare dettagli sparsi nel tempo e nello spazio, creare connessioni tra eventi che noi non avremmo mai pensato di collegare. La memoria non è più un semplice strumento per mantenere intatto il passato, ma diventa un processo creativo, in cui il passato stesso può essere riplasmato e ridefinito. È come se l’identità stessa diventasse un’opera d’arte in continua evoluzione, una scultura che prende forma sotto le mani invisibili dell’intelligenza artificiale, come accade con molti degli enigmatici episodi di *X-Files* dove la realtà si deforma, sfuggendo ai protagonisti.

Ma se da una parte questo sembra un dono – la possibilità di correggere i nostri errori, di migliorare noi stessi attraverso una rilettura del nostro passato – dall’altra emerge un pericolo. Se la memoria può essere alterata, se ciò che ricordiamo è soggetto all’intervento di una macchina, dove finisce la nostra autonomia? Chi decidiamo di essere quando la nostra storia non è più solo nostra, ma è il risultato di un processo decisionale condiviso con un’intelligenza artificiale? E soprattutto, in che misura possiamo ancora considerarci autori della nostra vita, quando le nostre esperienze, i nostri ricordi, possono essere modificati a piacimento? Mulder e Scully si trovano spesso intrappolati in trame oscure in cui i loro stessi ricordi vengono messi in dubbio, e questo riflette l’angoscia che potremmo vivere in un mondo in cui le IA plasmano la nostra identità.

La questione dell’identità nell’era dell’intelligenza artificiale ci porta a riflettere su cosa significhi davvero essere umani. Se una IA può ricordare per noi, se può decidere cosa è importante e cosa no, cosa resta di quella componente unica e irripetibile che chiamiamo “io”? La memoria, che un tempo era il filo conduttore della nostra esistenza, diventa un tessuto manipolabile, soggetto a riscritture e revisioni costanti. E in questo processo, l’identità umana si sfalda, si disperde, diventando un mosaico di dati e interpretazioni, un’entità sempre meno definita.

Ma forse è proprio in questa dispersione che risiede la nostra vera essenza. Forse l’identità non è mai stata qualcosa di fisso, di immutabile. Forse siamo sempre stati un insieme di frammenti, di esperienze disconnesse, tenute insieme da un sottile filo di consapevolezza. E ora, nell’era dell’intelligenza artificiale, questo filo si sta spezzando, lasciando spazio a nuove possibilità di esistenza. In un mondo in cui le IA possono ricordare per noi, in cui possono riscrivere la nostra storia, forse la domanda non è più “chi siamo?”, ma “chi possiamo diventare?”. E in questo processo di riscrittura, l’uomo e la macchina si fondono in un’unica entità, un nuovo essere che sfugge a ogni definizione tradizionale.

Le intelligenze artificiali non sono più semplici strumenti, ma partner nella creazione dell’identità. Insieme, uomo e IA si addentrano in territori inesplorati, dove la memoria non è più un archivio del passato, ma un laboratorio del futuro, dove l’identità non è più un dato di fatto, ma un’opera in divenire.

paolo

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